BLACKOUT CHALLENGE: L’ULTIMA TRASGRESSIONE DEGLI ADOLESCENTI

L’ultimo “gioco” scellerato in voga tra gli adolescenti ha un nome: blackout challenge.

Che cos’è?
Si tratta sostanzialmente di una sfida virtuale a cui si sottopongono i giovanissimi (si parla di un’età che si aggira attorno ai tredici anni) che consiste nel provocarsi da soli o con l’aiuto di qualcuno lo svenimento privandosi dell’ossigeno per quale fatale minuto mediante corde, sciarpe, braccia (un adolescente si è soffocato con il cavo della play station, un altro si è avvolto la testa in un cellophane per comprimere la carotide, perdere i sensi e provare l’euforia del risveglio).
La pratica viene poi filmata e condivisa in rete.
È un “gioco” attraverso il quale gli adolescenti vogliono provare l’ottundimento e l’ebbrezza dell’ossigeno che torna al cervello dopo un breve periodo di soffocamento. 
È stato segnalato che su YouTube è possibile pescare un numero cospicuo di filmati controversi che premono sul senso di prevaricazione del limite degli adolescenti. Inoltre, in rete pullulano gruppi che istigano all’autolesionismo e al suicidio e tutorial che esplicano con dovizia come provocare uno svenimento per riuscire a saltare la lezione o un esame.
L’ultima scellerata pratica in uso tra i ragazzi ha suscitato un grosso clamore mediatico contro cui, sorprendentemente, si sono schierati molti intellettuali uniti nello scongiurare il cosiddetto “effetto Werther” a discapito di più efficaci lavori di prevenzione.
La locuzione è presa in prestito dal celebre romanzo di Goethe I dolori del giovane Werther in cui il protagonista decide di togliersi la vita in seguito a una cocente delusione d’amore. È stato stabilito che dopo la pubblicazione dell’opera nel 1774 si verificarono diversi casi di suicidio.
Perché gli adolescenti si sottopongono a questa sfida deleteria?
Secondo gli esperti, tutto verte sul desiderio da parte dei giovani di dimostrare a tutti i costi di essere dei veri duri, dunque sentirsi parte di un gruppo, distinguersi, emergere. 
Coloro che si lanciano in queste sfide mortali sono nella maggior parte dei casi gli adolescenti più fragili o quelli che covano una patologia latente.
Ma spesso si tratta anche di giovani perfettamente integrati nel tessuto sociale che sfidano la morte (spesso mitizzandola) in preda a un fantomatico delirio di onnipotenza.